La ricchezza come l’energia

Einsten sosteneva che l’energia non si crea nè si distrugge ma solamente si trasforma. La ricchezza si comporta allo stesso modo: globalmente la somma totale della ricchezza di un popolo rimane costante, semplicemente cambia forma e passa di mano in mano. Un’azienda che “crea ricchezza” in realtà sta consumando materie prime e quindi semplicemente sta trasformando la ricchezza da una sua forma grezza e meno utilizzabile a una più nobile (secondo alcuni) come il denaro.
La ricchezza consumata, o meglio trasformata, può essere anche l’acqua, l’aria, lo spazio verde o la possibilità di fare il bagno nei fiumi. Per cui un’azienda chimica non produce ricchezza: trasforma aria e acqua pulite in capitale, assegnandolo ai suoi share holders, che nella maggior parte dei casi non coincidono con i detentori della ricchezza originaria.
Una casa automobilistica consuma e produce ricchezza. Tra le forme di ricchezza che consuma possiamo riconoscere: materie prime, forza lavoro, impatto ambientale, prezzo pagato dai clienti per l’acquisto. Come ricchezza prodotta abbiamo: dividendi per gli azionisti, salari per i lavoratori, benefici del bene venduto (per esempio la libertà di muoversi e così via).
Il bilancio di questa trasformazione è sempre zero: se la ricchezza prodotta appare maggiore di quella consumata, probabilmente non stiamo considerando qualche variabile, come le condizioni dei lavoratori, l’inquinamento, gli effetti sociali della delocalizzazione produttiva e così via.
Nella finanza il meccanismo è ancora più esplicito: quando si afferma, dopo un crollo in borsa, che sono stati “bruciati” enormi capitali, non si intende dire che sono scomparsi. La ricchezza non si distrugge, semplicemente passa di mano. Il valore virtuale di un’azione cambia, ma il valore reale si ha solamente nel momento in cui c’è una compravendita: qualcuno guadagna vendendo a un prezzo maggiore dell’acquisto, ma qualcun’altro ci avrà perso (al netto dei dividendi che, come abbiamo visto, coinvolgono un meccanismo di trasformazione più ampio).
A questo punto diventa importante avere uno strumento di valutazione della ricchezza, in tutte le sue forme, in modo da poter affermare quali scambi e quali trasformazioni siano convenienti per ciascun soggetto, e dove invece ci andiamo a rimettere. Un corridoio ferroviario ad alta velocità nella Val di Susa produrrà ricchezza per alcuni soggetti (le imprese incaricate del progetto, gli utilizzatori del servizio) ma ne assorbirà altrettanta da soggetti diversi (gli abitanti delle zone interessate, tutti i contribuenti che parteciperanno alle spese di realizzazione). Finché non avremo un metro di misura comune per le diverse forme di ricchezza sarà sempre possibile argomentare pro o contro ciascuna posizione: i sostenitori dell’alta velocità affermeranno che il vantaggio collettivo prevale, i gruppi No-TAV sosterranno invece che i benefici saranno per pochi mentre i danni saranno irreparabili.
Dal momento che il metro più comune e comprensibile è il soldo, conviene quindi usare questa come unità di misura:

Indichiamo come misura di una ricchezza acquisita il valore economico che serve a procurarsi un particolare bene o vantaggio. Allo stesso modo, il valore di una ricchezza persa è pari all’importo economico che sarebbe necessario per procurarsene nuovamente una identica.

Facciamo un esempio: un fiume inquinato rappresenta una ricchezza persa di valore pari all’importo economico necessario a riportare quel fiume nello stato di pulizia originario. Se acquistiamo un’auto più veloce e questa ci consente di percorrere la stessa distanza risparmiando il 20% del tempo, la ricchezza guadagnata è pari al costo economico che avremmo per liberarci della stessa quantità di tempo (per esempio lavorando di meno o assumendo una domestica).
Anche la corruzione equivale a un processo di trasformazione e trasferimento della ricchezza: le vacanze ai Caraibi di Formigoni corrispondono a un beneficio (ricchezza guadagnata) sia per Formigoni sia per Daccò e la fondazione Maugeri che ha beneficiato di rimborsi gonfiati. I costi (ricchezza persa) manco a dirlo ricadono sui cittadini lombardi e in secondo luogo su tutti gli italiani.
Portando a compimento lo stesso ragionamento, possiamo affermare che

una crisi economica è una sproporzione nella distribuzione della ricchezza

la maggioranza della popolazione vede la propria ricchezza diminuire, mentre una minoranza limitata è sempre più ricca. L’accezione di ricchezza è ancora quella più ampia definita poco fa: Formigoni ha accumulato ricchezza perché ha goduto di vacanze ai Caraibi che hanno un valore economico ben preciso, a prescindere da quanto possa valere il suo patrimonio in questo momento. Se quindi la crisi economica può essere definita come uno squilibrio di questo tipo, allora la soluzione alla crisi diventa di una semplicità disarmante: ristabilire l’equilibrio.
Affinché il processo di ritorno in equilibrio sia incruento, occorre che siano le istituzioni a pilotarlo: ogni volta che viene accertato un meccanismo di corruzione, occorre immediatamente riportare la ricchezza sottratta nelle mani dei detentori originari. I meccanismi di speculazione in borsa dovrebbero essere banditi (come la vendita allo scoperto). I costi nascosti di un’attività produttiva (come l’inquinamento) dovrebbero essere portati allo scoperto e fatti pagare all’azienda produttrice.
Sicuramente è difficile ma non impossibile. L’alternativa è il processo cruento. Quando lo squilibrio nella distribuzione della ricchezza raggiunge livelli inaccettabili per la popolazione, quando la corruzione è ai suoi massimi, i risultati sono quelli che abbiamo visto in Egitto, in Libia, in Siria.

 

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