Equo e solidale? No grazie!

Fair TradeLo so, rischia di essere una voce politically uncorrect e di suscitare critiche, tuttavia occorre ripensare al modello equo e solidale, soprattutto nel campo dei prodotti alimentari. Se da un lato la lotta contro lo sfruttamento del lavoro ha assolutamente ragione d’essere, non può tuttavia essere scorporata da un modello di distribuzione a basso impatto ambientale. Quindi equo e solidale sì, ma solo a km zero.

Recentemente sono stato in un negozio di altromercato e nel banco alimentare ho notato miele del Messico, marmellata di more dall’Ecuador e così via. Sia il miele sia le more sono prodotti locali in Italia e per quanto sia nobile l’obiettivo di pagare in modo equo gli apicoltori messicani, l’impronta ecologica di quel vasetto di miele che ha dovuto attraversare l’Atlantico non è accettabile se consideriamo che questi prodotti sono accessibili a km zero. Sono invece completamente d’accordo a cercare in versione “fair trade” tutti quei prodotti che non possono essere prodotti in Italia (e che tipicamente soffrono dello sfruttamento del lavoro) come il caffè, il cacao, le banane e così via.

Insomma, commercio equo e solidale sì, ma con buon senso: non dimentichiamo mai l’impatto totale di un prodotto nel suo percorso dalla materia prima alla nostra tavola: quanti lavoratori sono stati sfruttati e quanta CO2 è stata prodotta per portarlo fino a noi.

Vedi anche: Libri sul commercio equo e solidale

Questa voce è stata pubblicata in società e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

Una risposta a Equo e solidale? No grazie!

  1. Massi scrive:

    Concordo in pieno!

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

*